ALIENANTE


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Recensioni Film

CALAMITY OF SNAKES

Un cinico ed avido imprenditore edile, durante gli scavi per le fondamenta del suo nuovo progetto residenziale, riporta alla luce una disgustosa cavità nel terreno infestata da centinaia di serpenti. Nonostante la brutta sorpresa, il “nostro” non si perde d'animo ed adoperando una ruspa provvede ad una sanguinosa strage di rettili, coadiuvato dagli operai del cantiere. Unico a non partecipare al massacro è l'architetto, presente sul posto, che teme la possibilità che una maledizione possa ricadere sul luogo e sui presenti.
E infatti migliaia di serpenti inizieranno a mietere vittime, prima fra gli operai del cantiere, poi fra gli inquilini del residence che verrà costruito nel luogo infausto. L'idiozia di “Calamity of Snakes” va di pari passo con la sua bieca brutalità. Moltissimi i veri serpenti utilizzati in questa pellicola del 1983, co-prodotta da Hong Kong e Taiwan, che purtroppo vengono uccisi realmente sullo schermo. Fra i poveri rettili massacrati a colpi di pale, martelli e ruspa nel cantiere e fra i cobra scuoiati vivi al mercato di paese, non si calcolano le atrocità umane commesse nel film. La vendetta delle serpi, in confronto, è davvero poca cosa. Non si lesina in particolari disgustosi, enormi matasse di serpenti che coprono le vittime ed elementi gore assorti ma è comunque il ridicolo involontario a regnare sovrano. Recitazione in puro slapstick , momenti dalla comicità di grana grossa, alternati con incredibili sequenze velocizzate, contribuiscono a creare un'atmosfera assolutamente delirane. Fra i numerosi momenti altamente weird doveroso segnalare l'assurdo combattimento a colpi di kung-fu, calci volanti e capriole fra un “esperto” cacciatore di serpenti ed un boa gigante che, spesso e volentieri, vola compiendo giravolte da funambolo ed emettendo urla che farebbero impallidire persino godzilla. Animalisti evitatelo...mentre tutti gli altri si armino di coraggio e lo affrontino.

CALVAIRE

Marc Stevens, un cantante girovago, terminata un'esibizione in un ospizio riparte con il suo furgone, verso il suo prossimo concerto. Ma il buio, la pioggia e la sfortuna più nera, lo fanno perdere fra le strade nei boschi. Spaesato, il “nostro” incontra uno strano tizio che, nel cuore della notte, sta cercando disperatamente il suo cane e che si offre di aiutarlo a trovare un posto dove passare la notte. Cosi Marc trova ospitalità in un vecchio albergo nei boschi, il cui proprietario è un bizzarro ex artista-umorista. L'uomo, dapprima sin troppo gentile e premuroso, dimostrerà di nutrire un interesse morboso nei confronti del cantante, impedendogli di partire e, cosa ancor più terribile, obbligandolo a vestirsi come la sua ex-moglie. E per il protagonista sarà soltanto l'inizio di un terrificante calvario… “Calvaire” è un vero shock visivo ed emotivo. Un viaggio nei meandri più oscuri e bestiali dell'animo umano, che non lascia speranza e che non mostra pietà. Il belga Du Welz, dopo alcuni cortometraggi, esordisce così alla regia di un lungometraggio, dimostrando capacità e talento non comuni. Lo stile, sospeso fra il freddo documentario e l'abile narrazione, è sporco e al tempo stesso elegante e riesce a creare un'atmosfera estremamente ammorbante senza mai incorrere in effettacci o situazioni gratuite. “Calvaire” è una storia d'amore e disperazione, di solitudine e istinto di sopravvivenza, che prende il concetto di “sesso” e lo sviscera nella sua ottica deformata, dimostrando come esso sia un bisogno primario, forse l'unico vero bisogno che può far sentire l'uomo ancora vivo. Ma il sesso è anche strumento che rischia di deformare l'animo e la cui forsennata e disperata ricerca può far vacillare la mente. E questo vale sia per donne che per uomini anche se, questi ultimi, nel film risultano estremamente abbrutiti dalla solitudine e circondati da un ambiente simil post-atomico così deprimente da rendere, la mancanza di una presenza femminile, una condizione insopportabile e capace di mutarli in animali famelici e disperati. A dimostrare ciò, una delle scene più surreali del film con un gruppo di uomini che inizia a ballare, a ritmo di pianoforte, una danza goffa e inquietante. Aldilà dell'atmosfera apertamente omosessuale che aleggia nella sequenza, ciò che colpisce è proprio la rozzezza dei passi di danza dei personaggi, chiara dimostrazione dell'assenza di una presenza femminile in grado di rendere sensuali, dolci ed eleganti i movimenti che, compiuti dagli uomini, risultano solo grotteschi, grossolani ed innaturali. L'ottimo reparto recitativo, la sceneggiatura essenziale ma molto efficace e le locations opprimenti, completano un quadro di desolazione che resterà impresso nello spettatore a lungo, dopo la visione del film. Dopo “Il cameraman e l'assassino” un altro cult horror dal Belgio (con la collaborazione, in sede di produzione, anche di Lussemburgo e Francia). Presentato in anteprima nazionale alla quarta edizione del Ravenna Nightmare Festival. Un grazie di cuore alla Gargoyle Video che farà uscire in home-video in Italia, dal dicembre 2006, questa imperdibile e disturbante chicca cinematografica

CAMP CUDDLY PINES POWERTOOL MASSACRE

Il porno incontra l'horror e lo parodizza, con esiti decisamente divertenti. “Camp Cuddly Pines Powertool Massacre” sbeffeggia i luoghi comuni, e le scene cardine, di molti celebri film dell'orrore per teenagers ; da “Venerdì 13” a “Scream”, passando per “The Ring” fino ad arrivare ad “It”, il film non risparmia nessuno e si rivela una sorta di “Scary Movie” condito però da sesso e sangue in quantità. La storia vede un gruppetto di collegiali, composto da tre ragazzi e due ragazze, in viaggio verso un concerto rock , che non raggiungeranno mai. Difatti, lungo il percorso, i “nostri” investono un disgraziato e per prestargli soccorso si recano in un vicino camping. Mal gliene incoglie poiché il luogo, oltre che teatro di strani fenomeni paranormali, è territorio di caccia di un feroce serial-killer vestito da clown. Fra accoppiamenti assortiti e mattanza generale, si arriverà alla conclusione a sorpresa… Datato 2005, il film ottenne un ottimo successo di pubblico e di critica, vincendo numerosi award e risultando la più grande produzione del noto studio hard californiano Wicked Pictures. Diretto con brio, ed attenta cura per l'immagine, dall'esperto Jonathan Morgan il film si avvale di un cast in ottima forma, in cui primeggiano (per esibizioni hard , insospettabili doti recitative ed incontenibile ironia) le due porno-star femminili Stormy Daniels e Jessica Drake. La sceneggiatura, nettamente al di sopra degli standard del cinema hard , concatena una buona serie di gags, alternandole ai momenti horror e a quelli pornografici, anche se la durata di oltre due ore risulta eccessiva e il finale, con twist assolutamente pretestuoso, arriva liberatorio. Aldilà di questo aspetto, “Camp Cuddly Pines” risulta un prodotto divertente, tecnicamente curato (specie nella prima parte di film) che strappa più di una risata (memorabile la telefonata, in stile “Scream”, che sostiene Jessica Drake con l'assassino). Accoppiamenti in quantità ( e di qualità), realizzati spesso in locations bizzarre e tenebrose, completano il quadro ed rendono il film in questione uno dei migliori porno-horror di sempre.

CAMPFIRE STORIES

Blandissimo esempio di film horror ad episodi, realizzato nel 2001, sulla scia dei vari “Creepshow”, “Tales from Crypt”, “Campire Tales” ecc… Il filo conduttore che tiene unita l'antologia è rappresentato da due ragazzi che, nel tentativo di soccorrere una ragazza la cui auto è in panne, restano bloccati in una zona boschiva isolata. Assieme alla ragazza cercano aiuto all'interno della selva ma incontrano “Ranger Bill”, uno sciroccato che si diverte a raccontargli tre storie dell'orrore. Nella prima assistiamo al massacro di un gruppo di teenagers, fessi & violenti, che pagheranno le conseguenze di un pestaggio ai danni di un ritardato mentale. La seconda vede tre teppisti uccidere uno sciamano indiano, per rubargli monili e la droga contenuta nel suo calumet. Allucinazioni, presenze demoniache e lo spirito dell'indiano li puniranno in modo esemplare. La terza storia s'incentra su una ragazza, convinta di essere spiata da un misterioso individuo. Durante un party, organizzato con un'amica e due ragazzi, verrà a galla una sanguinosa verità. Gli spunti interessanti, contenuti soprattutto nel secondo e terzo segmento, sono vanificati dal dilettantismo e dall'approssimazione della confezione. I tre registi coinvolti si dimostrano estremamente modesti e la mancanza di mezzi non aiuta il loro operato. Completano il quadro i brutti effetti speciali ed il pessimo audio. Simpatica comparsa della leggendaria band dei “Misfits”, nel finale. Il film è tratto da un'omonima serie a fumetti, abbastanza nota negli Stati Uniti.



CANNIBAL FEROX
(MAKE THEM DIE SLOWLY!)

Cannibal-movie italiano del veterano Lenzi che imita spudoratamente "Cannibal Holocaust" non lesinando in scene di crudissima violenza, che gli valsero il divieto di distribuzione in ben 32 paesi del mondo! La storia è poco più che un pretesto e vede una spedizione ,inviata in amazzonia, con a capo una studentessa che vuole dimostrare, attraverso lo studio diretto delle usanze degli indio, che il cannibalismo è solo una fandonia inventata dai bianchi colonizzatori!!!! Durante il viaggio la spedizione s'imbatterà in una coppia di truci spacciatori, che hanno sadicamente torturato ed ucciso gli indigeni locali, scatenando la loro ira vendicativa.Gli antropofagi compiranno un terrificante massacro e solo la studentessa sopravviverà, anche se irrimediabilmente segnata dall'esperienza. Lenzi ritenta la carta cannibal-movie dopo il precedente "MANGIATI VIVI" e questa volta la qualita' della fotografia e degli scenari è nettamente superiore. Ma il film resta comunque piuttosto sciocco e recitato da cani. Gli effetti sono davvero truculenti e ben fatti (celebre la scena in cui Zora Kerowa viene appesa per i seni con dei ganci accuminati ed altrettanto brutale la sequenza in cui ad un tipo viene spaccato il cranio, con un secco colpo di machete!), ma l'impatto non è lo stesso di "Cannibal Holocaust", anche perché, manca soprattutto l'impostazione realistica della vicenda.Con tutto il rispetto per Lenzi (che comunque in più di un'intervista ha dichiarato di non anare troppo i suoi due cannibal-movies), ma il confronto con Deodato è perso. Le idee, le soluzioni stilistiche, la recitazione ed anche il ritmo risultano altalenanti. Ci sono, anche in questo film, alcune uccisioni di animali e scene di crudeltà ai danni degli stessi, come nella tradizione dei vari cannibal-movies.



CANNIBAL HOLOCAUST

Ecco il nasty movie per eccellenza, il punto di non ritorno per la filmografia horror. La storia narra di una spedizione inviata in amazzonia per ritrovare alcuni reporter d'assalto, recatisi nella giungla per effettuare un reportage sugli ultimi popoli cannibali e di cui si sono perse misteriosamente le tracce. Dopo numerose peripezie, la spedizione ritrova solo pochi resti scheletrici dei giornalisti, assieme alle pellicole che essi hanno girato durante il loro viaggio. I filmati vengono poi riportati in America per essere sviluppati, con la speranza, di trovar in essi la soluzione della tragica fine dei reporter. Quello che invece verra' a galla dal reportage sara' una serie incredibile di violenze e soprusi che gli stessi cronisti d'assalto hanno commesso ai danni dei pacifici indigeni della foresta. Un escalation di sangue che alla fine generera' una furia vendicativa negli indios, fino a spingerli al massacro dei quattro reporter. Ruggero Deodato osa l'inosabile, in questa pellicola che passo' serissimi guai con la giustizia ai tempi e che tutt'ora ha il divieto di venir proiettata sulle reti televisive italiane. Oltre l'aberrante violenza che percorre il film, la cosa che di certo genera piu' orrore e rabbia e' la serie di violenze perpetrate ai danni di animali (fra le quali l'atroce squartamento di una testuggine gigante). Cinico, spietato e moralistodie...si, ma con un innegabile fascino perverso. Tecnicamente eccellente, ben fotografato e con ottime musiche di Riz Ortolani, nonche' agghiaccianti effetti speciali. Il film e' tra l'altro girato quasi completamente attraverso la soggettiva dei reporter, che riprendono instancabilmente ogni atto di violenza ed ogni tappa del loro viaggio, pertanto l'impatto realistico e' davvero schoccante. Un' ultima segnalazione: uno dei quattro reporter (il piu' sadico per la precisone...) e' il buon vecchio Luca Barbareschi che per lungo tempo rinnegò il film e che solo negli ultimi tempi (nell'edizione dvd Alan Young Pictures trovate un'esauriente intervista) ha deciso di parlare di nuovo della pellicola in questione.



CANNIBAL HOOKERS

Ignobile produzione video del 1987, firmata dallo specialista in z-movies Donald Farmer, al tempo direttore della rivista “Splatter Times”, qui alla sua opera seconda dopo il già pessimo “Demon Queen”. Le produzioni di Farmer si distinguono per i contenuti quasi sempre di matrice sessuale e per il gore sfacciatamente pedestre. Non esula da questo schema “Cannibal Hookers” che vede un paio di sorority che come rito d'iniziazione devono vestirsi da prostitute ed adescare clienti. Questi ultimi devono poi essere consegnati alle veterane del college che in realtà…sono sanguinarie, cannibalesche, dementi adoratrici del demonio. Se già la trama è quanto di più banale e trito possa esistere, il film sprofonda del tutto dal punto di vista tecnico/narrativo. Diretto, scritto, fotografato e montato in modo sciatto e men che amatoriale, tedia mortalmente lo spettatore nei suoi scarsi 70 minuti di durata. A parte qualche topless e qualche bel sedere in mostra, non c'è altro se non pessimi attori ed interminabili dialoghi. Il gore fa capolino, di tanto in tanto, ma è talmente dozzinale da risultare deprimente. L'esplosione di film, specialmente horror, direct-to-video che ci fu nella seconda metà degli '80, originata dal celebre “Blood Cult”, ha portato a galla moltissimi filmacci ma questo “Cannibal Hookers” gareggia per il premio assoluto di film inguardabile, credetemi !




CANNIBAL MERCENARIES
(JUNGLE KILLERS - MERCENARY
- CANNIBAL MERCENARY)

Violentissimo film tailandese che del 1983 che mescola guerra, kung-fu, splatter e cannibal-movie! La storia narra di un gruppo di mercenari, assoldati da un riccone, che devono sgominare una banda di narcotrafficanti sita nel cuore della giungla vietnamita. I nostri, usando metodi degni di un macellaio, si fanno strada fra imboscate, trappole micidiali e guerriglieri feroci. Nel finale solo uno dei mercenari sopravviverà, ma conserverà per sempre dentro di se gli orrori della missione compiuta. Scimmiottando i modelli occidentali, questo filmozzo tailandese si segnala per la massiccia dose di violenza e di splatter gratuito. Il ritmo non manca e nel finale assistiamo ad una serie di torture ed atti di cannibalismo davvero impressionati. Se si chiude un occhio sulle numerose ingenuità della storia e alcune sequenze di stampo comico-orientale (la scena delle guardie che orinano in faccia ai soldati è davvero deprimente) non è escluso che ci si possa anche divertire nel visionare questo "Cannibal Mercenaries". L'espressività degli attori orientali è degna di una statua ma nei combattimenti a suon di arti marziali sono maestri e lo dimostrano anche in questo film. Per gli amanti dello splatter da segnalre la sequenza in cui ad un mercenario viene prima trapanata la testa con uno scalpello ed in seguito divorato il cervello da alcuni indigeni famelici.



CEMETERY GATES

Che il cinema horror ci abbia abituato a tutta sorta di animali feroci e mostruosi, nel filone beast-movies , è cosa ormai risaputa, specie in tempi recenti in cui, grazie alla computer graphic a basso costo, è possibile dar vita su celluloide a qualunque tipo di creatura. In questo “Massacro al cimitero”, datato 2006, lo spettatore se la deve vedere con un esemplare, ingigantito ed imbruttito per l'occasione, di Diavolo della Tasmania , che dopo esser stato oggetto di esperimenti genetici, riesce a fuggire dal laboratorio dov'era recluso grazie al maldestro intervento di una coppia di sgangherati animalisti e va a rintanarsi in un vecchio cimitero abbandonato. Mentre l'animaletto, soprannominato “Preziosa”, sgranocchia un po' di gentaglia, un gruppetto di studenti si reca nel cimitero e si mette a girare un film horror amatoriale. Ovvio che la finzione dell'orrore cederà ben presto il passo all'orrore della realtà. Goliardico a più non posso, privo di qualsivoglia pretesa che non sia quella di intrattenere e denso di momenti splatter, “Massacro al cimitero” è un grossolano ma divertente esempio di cinema trash indipendente. L'effettista Roy Knyrim, qui in sede di regia, dirige con mano non certo raffinata, ma riesce ad immergere la vicenda nello humor di grana grossa, che alla fine strappa qualche risata. Sceneggiatura pretestuosa che concatena una serie di aggressioni violente di “Preziosa” legandole assieme con un esile filo logico-narrativo. Il budget si aggira intorno al milione di dollari, investito per la gran parte negli effetti speciali che evitano l'uso della CG in favore di animatronica e lattice, come chiaro omaggio ai b-movies degli anni '80. Il diavolo della Tasmania è a volte impacciato nelle movenze ma, nel complesso, è piuttosto riuscito nelle sue fattezze mostruose e farà la gioia degli amanti del cinema weird.




CHOPPER CHICKS IN ZOMBIETOWN

Allegra "porcata" che ci arriva dalle produzioni Troma e che vede un gruppo di agguerrite amazzoni motorizzate giungere in uno sperduto paesino del sud degli Stati Uniti in cerca di maschi e di vivande. Le indomite donne si troveranno invece ad affrontare un'orda di zombi generati da un mad doctor e sfuggiti al suo controllo. La storia, come avrete notato, è un miscuglio di diversi generi, si va dal biker-movie allo western passando per horror, splatter ed erotico. Il risultato finale è di una stupidità allarmante e sinceramente ci si annoia pure un po'. Buoni gli effetti gore di Ed French che nel finale rivitalizzano in parte questo polpettone senza né capo né coda. La comicità è troppo grossolana per strappar sorrisi e gli attori sono pietosi. E' pur vero che la Troma ha distribuito ciofeche ben peggiori di questa, ma di certo anche in questo caso lo standard qualitativo è sotto i livelli di guardia.



CLOVERFIELD

Che “Cloverfield” sia uno strategico prodotto commerciale è fuori da ogni dubbio. Con un budget di circa 30 milioni di dollari, un battage pubblicitario furbo e con tutti i riferimenti palesi all'attacco terroristico dell'11 settembre, il film si è costruito un terreno fertile su cui attecchire, ha involgiato ed incuriosito gli spettatori e come risultato ha ottenuto ottimi incassi nella prima settimana di uscita nelle sale. Poi è svanito, come una nuvola di fumo, sia dalle classifiche che dall'interesse della gente. Nonostante queste premesse, forse sin troppo drammatiche, da parte mia, devo dire che “Cloverfield” è un film riuscito, sotto molti aspetti. La storia è presto detta : un gruppo di amici festeggia la partenza di uno di loro, per lavoro in Giappone, e tutto ciò che vediamo è filmato direttamente attraverso la soggettiva di una telecamera digitale. Nel bel mezzo del party si scatena l'inferno. La città di New York subisce un inspiegabile e furioso attacco da parte di un essere mostruoso. La telecamera resta accesa a testimoniare tutto ciò che accadrà, il caos, l'orrore, la fuga ed il disperato (ed improbabile, invero) tentativo di salvataggio, da parte del gruppo di amici, dell'ex fidanzata di uno di loro. J.J. Abrams, produttore dei serial “Alias” e “Lost”, ha il fiuto per i prodotti di successo e sa cosa il pubblico vuole e di cosa il pubblico ha bisogno. Lo dimostra, una volta di più, con questo “Cloverfield” che incarna tutte le tensioni, la paura ed anche la morbosa curiosità che il fenomeno del terrorismo genera nell'odierna società occidentale. La distruzione totale, come forma di catarsi del nostro terrore interiore, la ripresa traballante con videocamera che, aldilà dei rimandi al fortunato “Blair Witch Project”, rende il tutto più reale, concreto, tangibile ed infine quotidiano. Forse l'unico elemento che, nonostante l'assenza di logica e realismo, ad essere sempre giustificato è la telecamera che NON può rompersi, NON può esaurire nastro e batteria, NON può spegnersi, poiché DEVE mostrarci tutto ciò che accade. Poiché siamo noi a volerlo. Addirittura l'inserimento del mostro (ben realizzato, come tutti gli effetti visivi, dallo staff di Matt Vogel) risulta, in parte, forzato poiché riesce ad identificare e a dar forma al terrore edulcorandolo, così come la sceneggiatura alterna buone trovate (il primo attacco alla città, il nastro del video che salta in seguito agli urti che subisce la videocamera, mostrandoci riprese che esulano dalla situazione apocalittica, e smorza per brevi attimi la tensione, le “zecche” della creatura) ad altre di dubbio senso logico (la love story, il salvataggio della ragazza, il comportamento sin troppo corale e risoluto del gruppetto di giovani di fronte ad eventi mostruosi ed ingestibili) che frenano la vera potenza dell'idea di “Cloverfield”, riportandolo su binari più “digeribili” per il grande pubblico. Eppure nonostante ciò, il film in questione resta un esempio quanto mai lampante di vera propria incarnazione dell'horror nelle nostre fobie, del nuovo millennio. Da vedere esclusivamente al cinema, per poter godere delle esplosioni di caos, degli attimi di tensione, dell'audio roboante. In dvd, gran parte della potenza visiva del film andrà irrimediabilmente perduta.




COCCODRILLO
(CROCODILE - TREMENDOUS REAL TERROR)

Questa coproduzione fra Hong Kong e Tailandia ci regala un ripoff dello "Squalo" di Spielberg ad altissimo tasso trash. Un coccodrillo di dimensioni spropositate, nato dalle radiazioni atomiche, se ne va a zonzo per i laghi e i mari orientali combinando un sacco di disastri. Il mostro arriva addirittura a distruggere due villaggi pappandosi un enorme numero di persone. A dargli la caccia ci penserà un dottore a cui il coccodrillo ha divorato moglie e figlia. Cosi' il nostro eroe, assieme a due fidi prodi, ingaggerà un duello all'ultimo sangue col mutante in alto mare. Il catastrofismo più gratuito è l'elemento principale di questa pellicola che si segnala per alcune trovate davvero deliranti di cui tre vanno menzionate: 1) Quando il coccodrillone attacca di notte ha due lampadine al posto degli occhi che lo fanno sembrare un motoscafo 2) Alcuni poliziotti usano un trucco idiota per tentar di catturare il mostro mettendo un tagliola gigante sul fondo del mare 3) L'eroe del film scopre che è il coccodrillo l'artefice della morte della sua famiglia quando legge di un suo avvistamento su un giornale che il suo oculista gli ha fornito per controllare i suoi problemi di vista. Gli attori orientali sono espressivi come mattoni ed i dialoghi assolutamente ridicoli. Eppure ci si diverte a vedere il mostrone distruggere i modellini di case e città ed il gore è ben presente nella pellicola. Il regista Sands (autore in precedenza di "Six Ultrabrothers vs the Monster Army" vera e propria colonna portante del trash orientale) si balocca con inquadrature assurde e movimenti di camera bizzarri e se in certi casi riesce a fare belle cose in altri causa solo tremendi giramenti di testa allo spettatore. Eppure "Coccodrillo" è il puro frutto della fantasia ingenua orientale densa di catastrofi (che riportano sempre alla tragedia atomica) e di situazioni improbabili. Pertanto prendetelo cosi' e vi divertirete di sicuro.



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