ALIENANTE


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Recensioni Film

WEEK-END DI TERRORE
(Friday the 13th Part 3)

Jason torna di nuovo a far strage nel terzo capitolo della saga.La trama qui e' davvero ridotta all'osso poiche' gli avvenimenti nella pellicola in questione sono direttamente collegati con il capitolo precedente.In sostanza l'assassino creduto morto si rialaza senza troppe lungaggini e senza alcuna spiegazione logica da terra e rincomincia a massacrare qua' e la'.Dopo un strage di enormi proporzioni verra' abbattuto dalla solita superstite agguerrita. In questo terzo capitolo Jason prende sempre di piu' le sembianze simboliche di un morto-vivente che incarna in se' l'istinto della vendetta cieca, un crudele portatore di morte che punisce teen-agers sessualmente scatenati e spinellomani.Ma come dicevo prima la trama e' davvero esile, quasi assente in verita' e il regista Miner si cura solo di mostrare morti truculente attraverso i più svariati tipi di armi.Forconi,balestre,fiocine,machete e coltellacci..di tutto di piu' senza pero' un briciolo d'inventiva o di sceneggiatura. Il livello della pellicola e' basso,greve e l'unica nota per cui il film si fa notare e ricordare e' la maschera che Jason indossa a coprire il volto orripilante.Un maschera da hockey(da portiere da hockey per la precisione..) che indubbiamente conferisce un'immagine molto inquietante ed aggressiva al gigante assassino. Questa maschera verra' accettata di buon grado dal pubblico e verra' riproposta in tutti gli altri sequel diventando un simbolo indivisibile dallo stesso Jason, una caratteristica che rese famosa la sua figura in tutto il mondo e nella storia dell'horror..



WILD BEASTS
BELVE FEROCI

In una città tedesca gli animali presentano segni di squilibrio e divengono mortalmente aggressivi. Uno scienziato cerca una soluzione al dilemma quando le belve di uno zoo si liberano della prigionia delle gabbie ed incominciano a sbranare tutti i disgraziati che incontrano per strada. Si verrà a scoprire che l'origine del male è nell'acqua inquinata che provoca la pazzia. Ma ora, non sono solo gli animali ad averla bevuta… Prosperi, dopo una lunga esperienza nel campo dei mondo-movies ("Mondo Cane", "Africa Addio", ecc…) si cimenta con questo horror che si inserisce nel filone degli animali assassini. Il film è diretto con mano solida e, nonostante ai tempi della sua uscita sia stato un flop, colpisce per il suo catastrofismo spettacolare. Il messaggio ecologico di fondo passa in secondo piano per lasciare spazio ad impressionanti scene di aggressioni animali ai danni degli uomini. Da segnalare la sequenza in cui due amanti vengono divorati dai topi di fogna e quella in cui un gruppetto di bambini se la deve vedere con un orso polare inferocito. Bellissima anche la scena finale del film in cui un cadenzato rallenty rende alla perfezione l'idea della follia dilagante. Gli effetti speciali di Maurizio Trani sono ben realizzati e molto splatter. "Wild Beasts" è un buon prodotto italiano di genere che merita d'essere riscoperto e che non deluderà gli amanti dell'horror.




WISHMASTER

Horror ricco d'effetti speciali ma piuttosto povero d'idee. Il djin ,ovvero il genio della lampada, non è una creatura benevola come la tradizione favolistica vuole bensi' un demone crudele ed assetato di potere. L'arcano mostro viene risvegliato incautamente ai giorni nostri da una ricercatrice ed incomincia a mietere vittime a destra e a manca. Il "Genio" altro non fa che proporre la possibilità alle persone di esprimere i celbri tre desideri ma con una sensibile variante, ovvero quella di reinterpretare a modo suo (un modo per nulla piacevole in verità..) la volontà espressa dalle vittime.Cosi' si assiste ad una buffa e creativa legge del contrappasso che punisce mortalmente i vari disgraziati che incappano nel gioco del demone. Sagra degli effetti speciali e della computer grafica, ma la sceneggiatura latita alquanto e gli interpreti sono perfettamente dimenticabili. Kurtzman è un eccellente tecnico FX, ma come regista non sciorina di certo doti sopraffine. Il film difatti è scontato e senza tensione. Comunque il prodotto ha ottenuto un buon consenso di pubblico e dei buoni incassi tanto da spingere i produttori a prepararne subito due sequel. Un'ultima osservazione va fatta sull'idea di partenza del film. La storia del genio della lampada in versione cattiva e demoniaca non è di certo originale, difatti tale idea era già stata messa in atto in un film low-budget degli anni '80 intitolato "The Lamp".




WITCHCRAFT

Nel prologo, ambientato intorno al 1600, una coppia di stregoni viene catturata nottetempo da un gruppo di persone ed arsa viva sul rogo. Con un balzo temporale, ci ritroviamo ai giorni nostri con una donna che da alla luce un bambino. La genitrice, per riprendersi dal difficoltoso parto, viene portata dal marito in una villa di campagna dove vive la madre di lui. Giunta sul posto, la neo-mamma inizierà ad avere orribili visioni, molte delle quali connesse con i tragici eventi del prologo. Inoltre il tanto amato marito e la di lui madre sembrano dedicare attenzioni fin troppo ossessive nei confronti del neonato… Realizzato nel 1988, “Witchcraft” è uno straight-to-video di scarso valore ma che ha la peculiarità di aver dato origine alla più prolifica horror-saga che il cinema conosca, composta da ben 13 (tredici) capitoli, l'ultimo dei quali realizzato nel 2008, ed inedita in Italia. Come possa, questo modestissimo filmetto, essere arrivato a tanto è da attribuirsi al fatto che nell'incedere degli episodi sono andate esponenzialmente aumentando le dosi di sesso e nudità contenute in ogni singolo film, tanto da renderli accostabili al softcore . In questo primo capitolo il sesso è invece il grande assente, anche se questo è probabilmente il male minore. L'allora esordiente Rob Spera (“Leprechaun 5” , “Bloody Murder 2” ) dirige con mano anonima una vicenda che non decolla mai, vittima di un ritmo soporifero e di una sceneggiatura stracolma di banalità e dialoghi grossolani. Il rozzo montaggio e la fotografia scostante non migliorano certo la situazione, funestata peraltro da una pessima recitazione ed un suono in presa diretta decisamente sporco. Poco resta da salvare quindi, in questo malriuscito incrocio fra “Rosemary's Baby” e “Piano…piano, dolce Carlotta”, che regala tanti sbadigli, poche atmosfere azzeccate e qualche pavido momento splatter (inclusa una delle decapitazioni più brutte del cinema horror). Segue, l'anno dopo, il primo sequel “Witchcraft II : The Temptress”.

WITCHCRAFT II : The Temptress

Nel 1989, un anno dopo "Witchcraft", i produttori Fiefer e Miller sfornano un sequel che definirà la formula dell'intera saga a venire. Riduzione degli elementi horror, massiccio inserimento di sesso softcore , attrici nude e (spesso) siliconate allo sbaraglio e struttura narrativa estremamente televisiva. Questo secondo capitolo si concentra sulle vicissitudini di William Churchill, il bambino sfuggito alle grinfie degli stregoni nel primo episodio, che è stato dato in affidamento ad una nuova famiglia, dalla quale ha preso il nuovo cognome "Adams" (che poi, nei capitoli successivi, si trasformerà inspiegabilmente in “Spanner”). Ora cresciuto (è uno studente di college), il "nostro" se la dovrà vedere con una formosa strega che ha intenzione di sedurlo e di trascinare la sua anima all'inferno. Per fare ciò, l'eroticissima mistress non esiterà ad uccidere chiunque la ostacoli. Staff tecnico praticamente identico a quello del primo capitolo, fatta eccezione per la regia che passa a Mark Woods, mestierante prelevato dallo staff video di "Playboy". Scelta affatto casuale, visto che il film commistiona erotismo ed horror, dando maggiormente risalto al primo elemento, piuttosto che al secondo. La bomba sexy Delia Sheppard, che veste (per modo di dire) i panni della strega, mostra le sue grazie ed ammicca a tutto spiano e ogni tanto accoppa qualcuno con i suoi poteri magici, senza mai invero mostrar dote recitativa alcuna. Charles Solomon, che coprirà il ruolo di William Spanner per tre capitolo della saga, è espressivo come un mattone e davvero poco credibile, dall'alto dei suoi trent'anni, come teenager. Rozzo tecnicamente, come il predecessore, lievemente più patinato fotograficamente ma con una sceneggiatura ridicola, “Witchcraft 2” ha dalla sua solo un soffio di ritmo ed un pizzico d'ironia che tentano (invano) di salvare la baracca. Incredibilmente, l'erotismo di grana grossa fu la chiave vincente che lo rese un buon successo di cassetta, visto che incassò 10 volte il suo costo di produzione (80.000 €). Ovviamente , l'anno dopo, arrivò di corsa il terzo capitolo “Witchcraft III : The kiss of death”.

WITCHCRAFT III : The Kiss of Death

Terzo episodio della saga il cui trait d'union con i precedenti capitoli è rappresentato dal personaggio di William Spanner, figlio di stregoni ed egli stesso dotato di poteri magici, ora avvocato in carriera. Ma la vita di "Will" verrà di nuovo sconvolta dall'arrivo di un demone, con affascinante succubus al seguito, che ha la pessima abitudine di sedurre giovani pulzelle alle quali sottrae l'anima attraverso un bacio mortale (in stile "Space Vampires"). Ovviamente il cattivone di turno ha preso di mira la bella moglie di Spanner... Seppur lo stampo sia sempre quello televisivo, seppur il budget sia sempre ridotto all'osso, seppur la fastidiosa patina in Playboy-style sia sempre presente, c'è da dire che questo terzo episodio ha una sceneggiatura che tenta di introdurre nuovi elementi, a differenza della piattezza dei suoi predecessori. Ovviamente il tutto è stiracchiato oltremodo e la durata di 90 minuti è decisamente troppa per un storia comunque esile e pretestuosa. Alla fine la noia si rifà avanti prepotentemente e non bastano le grazie esibite dalle discinte attrici a lenirla. La parte horror è rilegata nell'angolino, con pochi omicidi e zero dettaglio grafico, in compenso il sesso softcore la fa da padrone. Charles Solomon interpreta ancora il personaggio di William Spanner, tentando di dargli dei tratti caratteriali distintivi. Il risultato è debole, ma almeno lo sforzo è apprezzabile. Per il resto poco da dire, staff tecnico praticamente identico ai precedenti e cambiamenti (solo nominali, invero) in sede di regia. Menzione a parte per gli effetti ottici del film, davvero retrogradi e ridicoli. Segue "Witchcraft IV : The Virgin Heart".

WITCHCRAFT IV : The Virgin Heart

William Spanner, l'avvocato con poteri magici, questa volta se la deve vedere con un culto satanico che ruota attorno ad un night club. Una serie di sparizioni misteriose, porteranno il nostro eroe ad affrontare il malvagio Santara che compie sacrifici umani per favorire l'avvento di Lucifero sulla terra. Ultimo film della serie con l'attore Charles Solomon a prestare il volto per il personaggio di “Will” Spanner, “Witchcraft IV” miscela le solite generose dosi di sesso con qualche rara spruzzata d'horror e si muove , questa volta, sui binari del mistery raccogliendo invero scarso successo. Capitolo particolarmente noioso, sceneggiato in modo goffo e sin troppo verboso, offre solo la presenza della bomba sexy Julie Strain, come unico vero motivo d'interesse. Ed è proprio la sua partecipazione che ha mosso l'interesse della Troma nel recuperare il titolo in questione, assieme ad altri capitoli della serie, per la distribuzione in dvd. Esordio di James Merendino, autore anche della sceneggiatura, in sede di regia che si adegua ai ritmi blandi e alle scenette sexy, piene di nebbie ed illuminazione al neon, a cui la saga ci ha ormai stancamente abituato. Datato 1992 e seguito, immancabilmente, l'anno successivo da “Witchcraft V : Dance with the Devil”.

WITCHCRAFT V : Dance with the Devil

Quinto capitolo della saga, datato 1993, che riprende il plot del predecessore e lo modifica leggermente usandolo, ovviamente, come mero pretesto per la consueta sfilata di attricette nude e sculettanti. Anche in questo episodio abbiamo un personaggio diabolico che sfrutta le seducenti donne, che schiavizza, a catturare per lui anime da portare al demonio. Anche il nostro eroe William Spanner, avvocato/stregone, cadrà sotto l'influsso dei poteri del negromante. Riuscirà a ritornare se stesso e sconfiggere la tremenda minaccia ? Che ve lo dico a fare, tanto lo sapete (o immaginate) da soli come andrà a finire questo ennesimo episodio dell'estenuante saga. James Merendino, regista di “Witchcraft IV”, qui si occupa della sceneggiatura e passa il testimone della regia all'orientale Talun Hsu (che in seguito si specializzerà in action con arti marziali). Per il resto staff tecnico perennemente identico e consueta girandola di playmate dalle pessime capacità attoriali. Cambia anche l'attore che interpreta Will Spanner ma ha davvero poco spazio per mostrare eventuali doti, visto che in questo capitolo il suo personaggio è relegato ad apparizioni sensibilmente ridotte. La noia è sempre la padrona assoluta dei 90 minuti scarsi di pellicola, anche se si può apprezzare un'atmosfera più sleaze del solito, che evita la smaccata patina dei predecessori, ed un inserimento di elementi horror più consistente. Effetti speciali, come al solito, estremamente approssimativi e location ridotte a pochi spogli interni. Inarrestabili, i produttori Feifer & Miller, sfornano l'anno seguente “Witchcraft VI : The Devil's Mistress”.

WITCHCRAFT VI : The Devil's Mistress

Un serial-killer si aggira per le strade della città ed uccide belle donne che indossano croci d'oro al collo. La polizia brancola nel buio e così decide di rivolgersi a Will Spanner, avvocato e stregone, affinché lui possa , dall'alto delle sue molteplici esperienze con l'occulto, aiutarli a scovare l'assassino. Quest'ultimo, manco a dirlo, sacrifica procaci fanciulle per favorire l'avvento del maligno. La storia è sempre quella. Mi stupisco di come i produttori possano aver impunemente riciclato lo stesso striminzito plot per almeno 4 capitoli della saga riuscendo comunque a far fruttare tale operazione commerciale. E soprattutto mi stupisco per la loro pazzesca assenza d'idee. Comunque sia questo sesto episodio, pur mantenendo molti dei limiti dei predecessori, ha dalla sua l'inserimento di sane dosi d'ironia (con gag non raffinate, ma meno brutte di quel che si potrebbe pensare) commissionate all'immancabile softcore e all'horror all'acqua di rose. Merito sicuramente della regista Julie Davis, indipendente con spiccata attitudine per la commedia, che seppur tecnicamente non raffinata riesce a non prendersi sul serio, giocando allegramente con la baggianata che stava girando e donandole un ritmo decente. Uscito in home-video, nel 1994, anche con il titolo “Witchcraft 666” . Come sempre, l'anno seguente arriva “Witchcraft 7 : Judgement Hour”.

WHITE LIGHTNIN'


La sregolata e difficile vita di Jesco White, talentuoso ballerino dei monti appalachi, è stata oggetto di documentari e produzioni televisive. “White Lightnin'” è la trasposizione cinematografica delle gesta di Jesco e miscela in sé cenni autobiografici ed allucinate visioni, tanto da valicare ben presto il confine fra realtà e finzione e descrivere, nella sua folle parabola discendente, l'orrore ed il disgregamento della società americana. Nella fattispecie quella montanara, profondamente povera, ignorante e violenta del sud-ovest degli Stati Uniti, durante gli anni '60. Jesco dimostra sin da bambino pesanti squilibri emotivi nonché attrazione verso le più disparate droghe, dallo sniffo delle esalazioni di benzina fino all'eroina. Passa la sua gioventù fra riformatori, vita di strada e persino manicomi, in preda ad un profondo tormento interiore che spesso esplode con scatti d'ira distruttiva. Il padre cerca di aiutarlo ed essendo questi un ballerino apprezzato, che si esibisce in molti locali del posto, cerca proprio attraverso il ballo di convogliare tutte le energie del figlio e di fargli scaricare il male che ha dentro. E Jesco dimostra un talento straordinario. Quando la felicità sembra qualcosa di più di un miraggio, complice anche l'amore con una donna molto più grande di lui (una straordinaria ed irriconoscibile Carrie Fisher), arriva l'atroce uccisione del padre a sconvolgere definitivamente il suo precario equilibrio mentale. Jesco non riesce più a gestire i “demoni” che ha dentro e l'allucinata spirale di autodistruzione e vendetta non avrà freni… Straordinario piccolo film indipendente, realizzato in 16mm dall'esordiente Dominic Murphy, che attraverso l'utilizzo di un bianco e nero sgranato ed una narrazione sincopata e visionaria, trasporta lo spettatore in una dimensione di sofferenza, depressione con grande trasporto emotivo. In “White Lightnin'” c'è il dramma, c'è il documentario, c'è l'orrore viscerale, c'è il sangue nerissimo, c'è l'alcool a fiumi, c'è la musica rockabilly che si muove fra note scanzonate e frastuono assordante. C'è l'incredibile prestazione di Edward Hogg, nei panni dello spiritato Jesco, in precario equilibrio fra recitazione ed autentica follia. Senza concedere respiro, il film ci immerge in ambientazioni laide, fra individui abbrutiti dai vizi e dalla sofferenza, in una società primitiva che partorisce e cresce i suoi mostri grazie alla violenza e all'incomunicabilità. Apparentemente trasandato, in realtà profondamente meticoloso nella messa in scena e nella ricerca sia dell'impatto visivo realistico che di quello grottesco, “White Lightnin'” si rivela opera di grande spessore e profondità, assolutamente da vedere (e rivedere), nonostante si tratti di una pellicola estremamente dura e non adatta agli spettatori più sensibili. A mio avviso, la miglior pellicola presentata nell'edizione 2009 del “Ravenna Nightmare Festival”.


WITCHES' NIGHT di Paul Traynor

Un gruppo di amici, di ritorno da un matrimonio fallimentare dove uno di essi è stato abbandonato all'altare dalla futura sposa, decide di optare per un fuori programma e s'inoltra in una zona boschiva. L'idea è quella di passare la notte di halloween in campeggio, bevendo birra, fumando canne e girovagando in canoa. Purtroppo per loro circolano leggende sulla presenza di antiche streghe in quei boschi, che seducono uomini e li sacrificano a Satana. Mai pettegolezzi furono più fondati… Plot semplice, che nonostante ciò, riesce ad essere accattivante nella prima parte di film in cui i personaggi, immersi in un'atmosfera di superstizione, si confrontano con le seducenti streghe dei boschi. Carica sessuale sprizzata attraverso sguardi languidi, movenze feline, corpi invitanti, il tutto diretto con mano discreta dall'esordiente Traynor e recitato diligentemente dal manipolo di attori, fra i quali fa la sua presenza, in un piccolo ruolo, Betsy Baker (Linda, nel cult “ La Casa ” di Sam Raimi). Peccato che l'atmosfera piacevolmente horror anni '70 funzioni a tratti e che, soprattutto, ben presto la prevedibilità della vicenda faccia capolino rendendo il tutto troppo “telefonato”. Budget basso ovviato da una buona messa in scena, ma a “Witches' Night” manca comunque qualcosa per essere efficace fino in fondo. La sceneggiatura è il punto debole, specie nella seconda parte di film in cui opta per soluzioni narrative banali e colpi di scena ampiamente intuibili, che di conseguenza non sortiscono l'effetto sperato. In definitiva un prodotto la cui visione scorre, tutto sommato, piacevolmente ma che si dimentica altrettanto rapidamente. Datato 2007 ma distribuito quasi un anno dopo.


WRONG TURN

Un ragazzo, in ritardo per un appuntamento, decide di evitare il traffico autostradale prendendo una scorciatoia che passa in una zona boschiva. Lungo il percorso, il “nostro” si scontra con un'auto ferma sul ciglio della strada. Quindi, assieme ai proprietari della macchina, si trova costretto ad incamminarsi a piedi nel bosco in cerca di soccorso. Ciò che nessuno di loro sa è che in quelle zone abitano e cacciano esseri deformi e cannibali. Saranno guai. Prendendo spunto direttamente da film quali “Le Colline hanno gli occhi” e “Non aprite quella porta”, il film di Rob Schmidt non segue però il loro spirito autenticamente disturbante per adagiarsi invece sulle morbide corde dei moderni slasher. Non mancano situazioni inquietanti (la baracca dei “geek” è un vero mattatoio) ma il tutto è diluito secondo stilemi consoni ad un pubblico adolescenziale. Il ritmo c'è, la confezione del prodotto è tutt'altro che infame e l'uso della suspense talvolta colpisce nel segno, ma la sceneggiatura risulta spesso approssimativa e francamente si potevano evitare numerosi clichè all'americana (il ragazzo che si comporta come una specie di rambo poteva andare negli anni '80, ma oggi…SUVVIA!). Risulta palese come questo film sia nato per sfruttare la scia del buon successo commerciale del remake di “Non aprite quella porta” e proprio come quest'ultimo risulta essere un'imitazione patinata delle morbose (e ben più autentiche) atmosfere anni '70. Si resta sospesi fra momenti gore sorprendenti e momenti di deja-vu deludenti. Comunque sia, il film fa il suo dovere, ossia intrattenere per un'ora e mezza senza provocare sbadigli. E non è poco.




ZOMBI 2
(ZOMBIE FLESH EATERS)

Correva l'anno 1979 ,quando i produttori italiani Fabrizio De Angelis e Ugo Tucci, decisero di seguire la scia del successo che il film "Zombi (Dawn of the dead)" di George A.Romero stava ottenendo in tutto il mondo. Cosi' i due optarono per un tentativo di rip-off del film statunitense e riposero inizialmente le loro speranze nel regista Aristide Massaccesi (alias Joe D'Amato). Poi le loro attenzioni si spostarono su Fulci, il quale fino ad allora aveva diretto soprattutto thriller. Affidato il progetto finale nelle mani del regista romano "Zombi 2" divenne un clamoroso successo al botteghino e soprattutto segnò la nascita di un soldalizio (Fulci & De Angelis) che diede origine ad alcuni dei più bei horror italiani degli anni '80. Uno scienziato sparisce in circostanze misteriose e la figlia si reca nelle isole Antille per ritrovarlo. Giunta li' verrà a sapere che il genitori era divenuto uno zombi a causa dei riti voodoo praticati dagli indigeni. Inoltre nell'isola c'è anche un mad doctor che esegue esperimenti su cavie animali ed umane. Mentre gli zombi si diffondono ovunque i pochi superstiti resisteranno ad un tremendo assedio da parte dei cadaveri famelici e riusciranno a fuggire con un'imbarcazione. Ma una volta giunti in prossimità di New York si accorgeranno che il contagio dello zombismo si è diffuso fin li'…è l'inizo della fine per l'umanità. Con il suo stile molto personale, Fulci dipinge una storia dal tratto fumettistico ed ingenuo ma al tempo stesso densa d'azione e di effettacci Gore. Ci sono momenti molto suggestivi ed inquietanti (le prime apparizioni degli zombi nel villaggio) ed altri estremamente ripugnanti (la scheggia che s'infila nell'occhio di Olga Karlatos). Ottimo il make-up di Giannetto De Rossi che realizza zombi putrescenti, con orbite vuote da cui emergono bianche larve. Splendide anche le musiche di Fabio Frizzi e molto suggestiva l'ambientazione. A differenza degli zombi romeriani quelli di Fulci decretano un ritorno alle origini della figura leggendaria del morto vivente frutto di riti voodoo. E' assente dunque l'aspetto metaforico e di protesta sociale nello zombi che ridiventa un cannibale antropofago brutale e tribale. Il successo di questo film causò anche un contenzioso fra Fulci e Argento (che era produttore e distributore in Europa dello "Zombi" di Romero) che decretò un lungo periodo d'inimicizia fra i due registi italiani. Proprio nel momento del loro riavvicinamento e cioè quando Argento decise di produrre il film "Maschera di cera" che doveva essere diretto da Fulci quest'ultimo venne a mancare tristemente..



ZOMBI HORROR
- LE NOTTI DEL TERRORE

Forse il film che rappresenta la cima più alta nella cinematografia Trash nostrana. La storia, gli attori, la sceneggiatura, la regia ,tutto insomma è per cosi' dire avvolto da un manto di assurda comicità involontaria! Un gruppo di persone si ritrova nella villa di un barbuto personaggio chiamato "il professore", il quale sta facendo degli studi sulle mummie etrusche. Quando gli ospiti arrivano nel maniero sono all'oscuro che in realtà "il professore" è già morto pappato dagli zomboni risorti (il barbuto sposta una lapide ed escono fuori i cadaveri ambulanti..lui gli fa:"No..No..non fatelo sono vostro amico!!" ma loro se lo sgranocchiano immediatamente!). Il resto del film altro non è che un assedio da parte dei morti viventi agli umani che si barricano nella villa. Gli unici superstiti alla notte di tregenda non troveranno però miglior sorte… La sagra della risata è garantita con questo filmozzo con dialoghi alquanto improbabili (Lei, dopo aver indossato un vestitino succinto, fa a Lui : "Ti piaccio cosi'?" e Lui subitaneo e con una dizione da terza elementare :"Mi sembri proprio una mignotta! Ma è cosi' che mi ecciti..") e situazione altamente dementi (gli zombi sono a pochi passi dalle vittime che inciampano di continuo durante la fuga ed intanto urlano:"Sembrano corrosi dal tempo..ma..ma..sono dei mostri viventi!"). Il regista Andrea Bianchi fa fare e fa dire le cose più assurde a tutti e per condir la torta con l'apposita candelina inserisce un personaggio eccezionale: il bambino con complessi edipici che in realtà è interpretato nel film da un povero nano! Splatter a go-go con sbudellamenti,mutilazioni ed antropofagia (CULT la scena in cui il bimbo-nano zombizzato divora un capezzolo alla madre! Oppure quella in cui un fuggitivo viene catturato da monaci-zombi (!?!) e smembrato!). Un trash imperdibile per tutti gli amanti del genere. Un MUST !




ZOMBIE HONEYMOON

Interessante horror indipendente, distribuito in Italia dalla Gargoyle Video, che narra la tragica e , al tempo stesso grottesca, vicenda di una giovane coppia di sposini che passeranno una luna di miele terrificante. Difatti i due, dopo il matrimonio, si recano in spiaggia per godersi un po' di sana vacanza quando, all'improvviso, una sorta di zombie esce dalle acque e aggredisce il giovane sposo. Ricoverato d'urgenza, il “nostro” resta morto per dieci minuti per poi risvegliarsi, apparentemente, più sano di prima. I due tornano a casa ma presto la sposa si renderà conto che il compagno sta cambiando: la sua pelle va in necrosi, la mente vacilla ed ha un appetito insostenibile per la carne umana. Da qui in poi inizierà un'odissea per tentare di salvare il matrimonio e, soprattutto, arginare la fame del marito-zombie. Mix di horror, commedia e dramma “Zombie Honeymoon” è un prodotto che gode di una buona confezione, nonostante il budget sia molto contenuto, e sfrutta una sceneggiatura interessante, seppur non esente da falle. Il regista David Gebroe, alla sua seconda regia (tra l'altro il suo primo film “The Homeboy”viene ironicamente citato in una scena), dimostra buona cura formale e, anche se talvolta risulta un po' acerbo nel definire le psicologie dei personaggi, adotta spesso un interessante taglio nelle inquadrature. Buona anche la fotografia e le prove degli attori, semi-esordienti con alle spalle un po' di televisione e qualche cortometraggio, ed infine sufficiente il lavoro di make-up ed effetti speciali curato da Joe Macchia. Se l'aspetto tecnico del film è di buona fattura, non sempre invece risulta dello stesso livello il tentativo, anche un po' pretenzioso, di mantenere in equilibrio horror, commedia e situazioni drammatico-sentimentali. Indubbiamente ci sono momenti di buon impatto (il colloquio nell'agenzia di viaggio, che degenera in bagno di sangue, l'ossessiva sequenza del “pasto” che riecheggia nella mente della giovane sposa) alternati però ad altri in cui il dramma dell'amore ad oltranza, ostinato, disperato ed anche profondamente egoista, viene trattato in modo piuttosto superficiale, perdendo di spessore. Va dato atto a Gebroe però, che l'argomento non era sicuramente semplice da rappresentare e quindi va fatto un applauso al suo coraggio ed alla sua inventiva. Tra l'altro, lo stesso autore, ha dichiarato in un'intervista di essersi ispirato per il film ad un triste evento personale. Una visione, “Zombie Honeymoon”, la merita sicuramente.



ZOMBIE NIGHTMARE

Durante la metà degli anni 80 il filone cinematografico degli zombi ed il serial inaugurato dal "Nightmare" di Wes Craven hanno attirato una buona fetta del pubblico composta dai teenagers americani. Il film in questione commistiona furbescamente nel titolo queste due tematiche promettendo, nella rutilante locandina, orrori a non finire. In realtà il livello trash e la povertà dei mezzi raggiungono apici assoluti in questo z-movie del 1986. Un allenatore di baseball, nel tentativo di salvare una giovane da uno stupro, viene ucciso da alcuni teppisti sotto gli occhi di suo figlio. Quest'ultimo, una volta cresciuto, diventa un campione di baseball ma, in una tragica notte, viene investito (sfiga ereditaria?) da alcuni ragazzi che poi fuggono senza prestare soccorso. La madre del ragazzo, affranta dalla sventura, affida la salma del figlio ad una sacerdotessa vodoo (che, tra l'altro, è la donna che il padre salvò anni prima dallo stupro) la quale resuscita il cadavere dandogli istinti vendicativi. Quest'ultimo provvederà ad una metodica strage ai danni dei giovinastri. Se la trama vi sembra stupida dovete vedere il resto. I dialoghi assurdi e gli attori assolutamente incapaci la fanno da padroni. Fra questi spicca Jon Mikl Thor (cantante della band metal Thor) totalmente inespressivo e ridicolo, si limita a flettere i muscoli anabolizzati per tutto il corso della storia. A condire il minestrone c'è un po' di gore, tanti inutili dialoghi, una pessima fotografia ed un pizzico di sesso. Presenza massiccia, nella soundtrack, di band metal quali Girlschool, Virgin Steel, Fist e Motorhead (i titoli di testa sono accompagnati dalla loro "The ace of spades").




ZOMBIELAND di Ruben Fleischer

Divertente zombie-comedy del 2009, realizzata con un sostanzioso budget di 20 milioni di dollari, che mette in scena una vicenda apocalittica infarcita di gags ironiche particolarmente azzeccate. Un virus, che trasforma gli esseri umani in zombie famelici, si è diffuso sulla terra riducendo in brevissimo tempo alla desolazione il nostro pianeta. In questo scenario devastato si muovono alcuni sopravvissuti (personaggi decisamente bislacchi) all'ostinata ricerca di ricordi e motivazioni che possano ancora dar senso alla loro esistenza sulla terra. Trama particolarmente semplice e lineare che lascia ampio spazio a situazioni grottesche, la cui verve comica è ben assistita da un ritmo serrato e da dialoghi frizzanti. Il regista Fleischer ben gestisce la vicenda, riuscendo ad equilibrare comicità ed orrore, ottimamente servito da una cast azzeccato, in cui brilla il duo Harrelson/Eisenberg. Irresistibile anche il cameo di Bill Murray che gigioneggia simpaticamente e si autocita in una scena, ripresa direttamente dal film “Ghostbusters”. Buon lavoro di sceneggiatura che mette in campo idee non sempre originali, citando a più riprese numerosi zombie-movies del passato, ma gestisce con successo i ritmi comici e tratteggia simpatici personaggi-macchietta a cui lo spettatore si affeziona durante la visione del film. Ottimo il reparto degli effetti speciali, che non lesina in situazioni splatter , ed altrettanto valido il lavoro fatto per le scenografie. Efficace il commento sonoro che ci regala anche “For whom the bell tolls” dei Metallica, durante gli spassosi titoli di testa della pellicola. Godibile.


ZORA LA VAMPIRA

Opera seconda (dopo il precedente "Torino Boys") dei Manetti Brothers, specialisti nostrani in videoclip di genere hip-hop. La coppia di giovani registi romani si cimenta in una horror-commedia piena di spunti interessanti e di situazioni divertenti. Dracula il vampiro decide di partire dalla Romania e di recarsi in Italia, dopo esser rimasto affascinato dalle immagini di benessere che la televisione italiana trasmette nel suo paese. Cosi', con il suo fedele servo al seguito, arriva nel nostro paese senza permesso di soggiorno e ne passa di tutti colori. Fondamentale sarà l'incontro in un centro sociale con Zora, giovane autrice di graffiti, di cui s'innamorerà perdutamente. Nel finale tutto azione, Zora verrà uccisa dai poliziotti capitanati da un simpaticissimo & fascistoide Carlo Verdone, ed in preda al dolore Dracula si suiciderà facendosi colpire dai raggi solari. Ricco di idee originali e bizzarre nonché di metafore evidenti sul problema dell'immigrazione in Italia e sul razzismo fatto di pregiudizi, il film dei Manetti risulta spassoso ed intelligente. Forse il moralismo finale è eccessivo ed appesantisce un po' il risultato complessivo, poiché si basa su alcuni luoghi comuni del cosiddetto "pensare alternativo" che alle volte sono troppo forzati. Lo stile di regia è tipico del videoclip ma risulta comunque efficace ai fini della pellicola che possiede inoltre molte canzoni hip-hop e rap come colonna sonora. Aldilà della pessima recitazione generale (un brutta pecca purtroppo) "Zora" resta pur sempre un prodotto coraggioso e spassoso. Da non perdere assolutamente la scena nella quale una tossicodipendente mangia mosche e formiche in stile Renfield e biascica tetre frasi sull'avvento del Conte Dracula..




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